AIROLA. COMPIANTO SUL CRISTO MORTO

Compianto De MuraLa Chiesa dell’Annunziata di Airola, come ricordano gli studi in Memoria di Gino Chierici del 1965, merita di essere conosciuta non solo per i pregi della sua architettura ma anche per quanto altro raccoglie, che la rende una interessante antologia dell’arte, specie della pittura, fiorita nel Mezzogiorno dal XVI al XVII secolo, in un periodo che comprende, cioè, la massima fioritura artistica napoletana, dove ricorrono i nomi di Pietro Negrone, Belisario Corenzio, Francesco Curia, Paolo Finoglia, Teodoro D’Enrico e Francesco De Mura, artista di spiccata individualità nel Settecento italiano, al quale viene attribuito il dipinto ad olio su tela eseguito nel terzo decennio del sec. XVIII, raffigurante un Compianto sul Cristo morto.

De Mura nasce a Napoli nel 1696, ed è stato nei primi decenni del ‘700 uno dei seguaci di più stretta osservanza dei modi di Solimena. L’orientamento verso toni più lievi, nell’espressione delle passioni come nelle gamme cromatiche, segna, nelle numerose opere ad olio e a fresco per il Palazzo Reale di Napoli, la progressiva conquista di autonomia di De Mura dal modello di Solimena; un’autonomia che non si alimenta soltanto alle fonti locali dell’area e brillante tavolozza dell’ultimo Giordano, ma che si sostanzia tramite i contatti con i più recenti indirizzi del Rococò europeo.

I pittori napoletani erano soprattutto in contatto con la vicina Roma, con la corte dei Borbone di Spagna, con la corte sabauda di Torino. Qui si recò a lavorare anche De Mura (1741-43) che vi incontrò un altro pittore di formazione napoletana, ma di origine pugliese, Corrado Giaquinto. De Mura fu un pittore molto prolifico; gli affreschi di carattere religioso possono essere ammirati nelle principali Chiese campane come quella di Santa Chiara o la Certosa di San Martino. Molti disegni, bozzetti e dipinti sono, inoltre, custoditi presso il Palazzo di Pio Monte della Misericordia e nei principali musei europei e del Nuovo Mondo, tra cui il Metropolitan Museum di New York, la Art Gallery of Ontario di Toronto, il Boston Museum of Fine Arts, l’Art Institute of Chicago e molti altri.

Il dipinto, la cui ubicazione originaria era l’altare di marmi colorati della cappella ad arcosolio costruita sulla parete di sinistra nella sagrestia dell’Annunziata di Airola, raffigura il Salvatore appena deposto dalla Croce e disteso sul lenzuolo di lino portato da Giuseppe d’Arimatea, sufficientemente lungo da poter essere ripiegato sopra il corpo di Gesù: è la Sacra Sindone, reliquia conservata nel Duomo di Torino.

Il corpo plastico esamine di Cristo è sorretto da un cherubino. Sulla sinistra, il sereno intimismo della Vergine trafitta, con le mani in preghiera, accentua la triste sorte toccata al corpo del Figlio e l’incapacità di osservarlo in così misero stato. Il suo sguardo affranto è rivolto verso l’alto. La Maria Maddalena, dai lunghi capelli biondi, prostrata piange silenziosamente rendendo l’estremo tributo a Gesù prima che sia riposto nel sepolcro, il cui coperchio è già aperto e il suo vuoto è scrutato dal cherubino in alto. In primo piano in basso, sulla destra, l’iscrizione su cartiglio I.N.R.I., acronimo che sta per Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, Gesù di Nazaret Re dei Giudei. Si tratta della motivazione della sentenza di morte, ufficialmente legata alla pretesa di Gesù di essere riconosciuto come re.

In questo dipinto, ricco di suggestioni, l’attenzione di quanti d’ora in avanti potranno ammirarlo sarà focalizzata sul tema profondamente umano della morte raggiungendo vette di intensa emozionalità.

ETTORE RUGGIERO

Estratto da: Notiziario Città di Airola. Maggio-Giugno 2010, p. 3

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